La storia della costruzione del Teatro Marenco è
ampiamente descritta nel libro "Teatro Marenco - storia di un palcoscenico di paese" di Riccardo Luciano
e Mario Robaldo. Qui ne facciamo un breve riassunto, segnalando i fatti salienti e ringraziando chi di
dovere.
Il testo di cui sotto è di Riccardo Luciano.
Nei primi decenni del 1800, un salone del pittore Pietro Bergallo, situato in via Marenco,
serviva come teatro ad una compagnia di attori dilettanti cebani, ma il locale era troppo
piccolo per contenere tutti gli spettatori che volevano assistere agli spettacoli.
Questi attori, visto il loro crescente successo, fondarono una Società Filodrammatica e
proposero al comune di edificare un vero teatro.
Esisteva in via Pallavicino un edificio in stato deplorevole: si trattava del vecchio carcere
caduto in disuso dopo la soppressione della Provincia di Ceva.
Il 22 novembre 1858 il comune deliberò di concedere alla Filodrammatica i suddetti locali
per la costruzione del nuovo teatro e di contribuire con la somma di 6000 Lire da
erogarsi in cinque anni.
La Filodrammatica disponeva di 1000 Lire, le spese di costruzione erano calcolate in 16000 Lire.
Si stabilì allora di vendere i 41 palchi del costituendo teatro in numero di per Lire 230 cadauno
(i palchi rimanenti andarono a disposizione del Comune) per ottenere i fondi mancanti.
Formata una commissione mista tra Società e Comune, su progetto di Donato Levi,
si iniziarono i lavori nell'aprile 1860.
La Società aveva assunto l'impegno di completare i lavori in cinque anni, ma li volle
terminati per l'agosto 1861, dopo solo quattordici mesi! Ma i fondi si dimostrarono insufficienti,
a causa di alcune defezioni, per cui gli attori si impegnarono in recite straordinarie tra cui,
per la prima volta, fu rappresentata la Passione di Cristo,
che fu ripetuta più volte e più volte al giorno nei cameroni della filanda Siccardi,
nel Borgo Sottano.
Il 31 agosto 1861 il Teatro era terminato. Il Comune di Ceva decise di intitolare il Teatro
al grande poeta e benefattore cebano Carlo Marenco e, d'accordo con la Filodrammatica,
venne stabilito che le manifestazioni di apertura ufficiale avvenissero il 28 settembre 1861
con la rappresentazione della Pia de' Tolomei, tragedia del Marenco,
il 29 con la Locandiera di G.Goldoni ed il 30 con la Francesca da Rimini di Silvio Pellico.
Il Teatro Marenco, con i suoi 48 palchi, la platea e la galleria è dotato di un acustica eccezionale.
Il celebre comico Macario, cebano d'adozione, calcò più volte le tavole del palcoscenico del
Marenco ed ebbe a paragonarlo ad una "bomboniera".
Gli stucchi in legno dei palchi e del palcoscenico sono ad opera di Alessandro Boasso, gli affreschi del
soffitto, dei palchi sono stati eseguiti dal pittore Giuseppe Vigna, il tendone fu dipinto del cebano
Vincenzo Odello (Cilin). Il teatro Marenco fu ristrutturato, dopo anni d'abbandono, grazie all'intraprendenza
di Riccardo Luciano e il contributo della cittadinanza cebana.
Dopo scavi effettuati per la realizzazione del piano bar, è stata rinvenuta anche l'antica colonna
cilindrica ora esposta nel suddetto locale. Probabilmente faceva parte della struttura dell'antica Chiesa
di S. Maria di Piazza, la quale sorgeva sul sito ora occupato dal Teatro.
Qui di seguito vogliamo narrare le vicende della ricostruzione 1971 - 1975.
Nel 1971 venne nominata la nuova amministrazione del teatro,
per statuto composta da due persone nominate dai palchettisti (i palchi
erano di proprietà privata): Tanchi Michelotti e Ernesto Rebaudengo;
due componemti della Filidrammatica: prof Isa Quaglino e il prof. Riccardo
Luciano; due nominati dal consiglio comunele proprietario del sito:
Prof. Teresa Pintus e il geom. Giacomo Fogliacco. Sei amministratori
che nominarono presidente il prof Riccardo Luciano.
Il Teatro era in condizioni disastrose: occorreva praticamente
(tranne i palchi) ricostruirlo totalmente.
L'"amministrazione privata" del Teatro aveva
875.000 lire sul conto corrente e un milione donato dallo zio del presidente
comm Luigi Vittorio Longo.
Tanchi Michelotti incomincio a stimolare, tramite il giornale "Alta
Val Tanaro" la popolazione si Ceva che poco alla volta si interessò
attivamente al problema.
È merito dell'allora sindaco Stefano Prato che collaborò,
senza fini elettorali o interessi personali, alla ricostruzione. (Stanziamento
del Comune in lire 30 milioni). Lasciò a disposizione del teatro
un muratore (Mario Giacchello) e un validissimo operaio (Bresciano Luigi
detto Brescia) per un anno e mezzo. Renato Lingua pensò a fare
l'impianto idraulico (5 bagni e una doccia) e l'impianto di riscaldamento.
Gianfranco Merlino stese chilometri di cavi per l'impianto elettrico.
Sempre gratuitamente, come Lingua e Merlino, prestò la sua opera
l'ing. Ernesto Brescano. Non negò le sue prestazioni la ditta
di Angelo Bagnasco e molti altri in Ceva e non è possibile ricordare
tutti. Un esempio valga per tutti: dalla "Ferramenta Fumagalli"
si presentò dopo due anni il presidente Luciano per saldare un
conto ben salato: non volle essere pagato, volle contribuire anche Lui
alla ricostruzione. Valga un esempio per i molti volontari: Nando Alciati
vedendo la situazione disastrosa nell'attuale locale bar, con i figli
e amici, portò via 1400 carrette di fango per far posto alla
massicciata del pavimento.
Non va dimenticato che i palchi erano di proprietà privata e
furono donati al comune o meglio venduti, per comodità burocratiche,
per la simbolica somma di una lira.
I Cebani si meritano quel gioiello perchè l'hanno ricostruiro
loro, con la loro opera e i loro denari.
Tutte le spese di amministrazione (telefono, posta, viaggi a Savigliano,
Torino, Trieste, Roma e ogni altra spesa relativa) non sono mai state
sopportate dal Teatro bensì personalmente dal presidente Luciano
per la durata di cinque anni.
Un ricordo doveroso e grato va rivolto, oltre che al sindaco Stefano
Prato, al dott Nuccio Messina, all'allora segratario comunale di Savigliano
e all'amico on. Adolfo Sarti.
Dal 1975-76 entra, in punta di piedi, il giovanissimo Aldo Viora che,
con la guida del dott Messina, diventa ben presto l'insostituibile sostegno
e guida del Marenco per oltre vent'anni.
Nel 2007 l'edificio ha di nuovo subito importanti restauri, al fine dei riportarlo allo splendore d'un tempo. Dopo anni di oblì, finalmente il soffitto affrescato torna a fare da cornice all'imponente lampadario di cui la sala è dotata. Nell'occasione sono stati rinnovati anche gli impianti scenici e sanate parti dell'intonacatura e del tetto che avevano subito danni dovuti all'umidità.
La stagione 2018-2019 è terminata
Arrivederci al Teatro Marenco!